martedì 17 marzo 2009

Esercizi spirituali a casa: mercoledì 18



3° giornata: mercoledì 18 marzo 2009


Titolo: La casa: il luogo del Perdono


Brano: Mc 2, 1-12


La frase chiave: “Ora, perché sappiate che il Figlio dell'uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te - disse al paralitico -: Alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”



Piccola riflessione
Oggi l'evangelista ci consegna la parola del perdono. Quella casa a Cafarnao viene scoperchiata sul tetto per accogliere un paralitico e la parola del perdono. Gesù compie il miracolo alla fine, per confermare la parola del perdono: "ti sono rimessi i tuoi peccati". Quante volte nelle nostre case si rimane un po’ paralizzati dal rancore, dalle ferite, perché non si riesce a perdonare se stessi e gli altri. L'amore su cui nasce la famiglia dona ai suoi membri una capacità continua di accogliersi ogni giorno e di perdonarsi nelle piccole e grandi cose.


In questa giornata per concentrarci sull’atteggiamento sottolineato dalla Parola abbiamo pensato al corridoio. Perché in genere di lì passiamo per andare in altri luoghi della casa, spesso senza accendere la luce, ma nella speranza, aiutata anche dalla pratica, di trovare la porta giusta. Nel corridoio a volte rischiamo anche di sbattere o di sbagliare la porta, ma possiamo sempre ritornavi per riprendere la via giusta. È il luogo dell'attesa e in fondo anche della speranza. Ma soprattutto è il luogo più umile della casa: nessuno raccontando la sua casa, cita il corridoio, che è un luogo funzionale agli altri.


Testimonianza: (Margherita Carletti - Presidente AC Pesaro)
Nelle case degli ultimi vent’anni, soprattutto, il corridoio è sparito perché è considerato spazio inutile, che non serve e, per di più, costa. È rimasto solo quello di cui non si può fare a meno: un piccolo disimpegno per separare la zona giorno dalla zona notte. In modo analogo, nella mentalità attuale, la guarigione del corpo è più importante del perdono dei peccati. La cultura corrente spinge a convincerci che è sbagliato riconoscersi peccatori, crearsi dei complessi di colpa perché ciò che chiamiamo peccato è solo un tabù, al massimo una debolezza da comprendere o una trasgressione da esaltare come affermazione di libertà. La prospettiva biblica è ben diversa: il peccato è infedeltà all’alleanza, rifiuto dell’amore di Dio, ingratitudine, idolatria. Nel brano del Vangelo di Marco su cui riflettiamo oggi, Gesù, combattendo contro il pregiudizio popolare che vedeva nella malattia fisica un castigo per i peccati personali del malato e della sua famiglia, offre la salvezza al paralitico cominciando col perdonarlo dei suoi peccati. La liberazione della coscienza dal peccato, per Gesù, è più importante della liberazione del corpo dalla infermità. Il nostro sentirci perdonati dai peccati, poi, ci fa “rialzare”, così come si “rialza” il paralitico, e ci fa vivere una storia nuova, all’insegna della ricerca del disegno di Dio,  della dedizione gratuita al bene comune, della fedeltà umile e tenace agli impegni, dell’apertura alla vita anche dopo esperienze fallimentari o di dolore, dello slancio appassionato per la pace e la solidarietà. La Bibbia, per indicare la riconciliazione con Dio, usa un vocabolo molto significativo: katallaghè, termine greco utilizzato per indicare la ricomposizione di un legame compromesso tra due sposi. La riconciliazione tra Dio e l’uomo è dunque di tipo coniugale, non giuridico, perché il rapporto tra Dio e l’uomo non deve essere considerato come una semplice dipendenza creaturale, ma come un’unione, analoga a quella matrimoniale. L’amore del Padre per mezzo di Gesù non si ferma di fronte alle nostre infermità, ma va dritto al cuore, dove si annida il male, e ha il potere di rimettere i peccati. Questo potere è concesso anche a noi, ogni volta che siamo capaci di perdono. Chiedere e offrire perdono guarisce chi perdona e colui che è perdonato, e dona a entrambi pace e gioia. Se non saremo capaci di perdono, i nostri volti saranno seri e cupi e la nostra vita non saprà testimoniare il grande amore e la misericordia di Dio. Gandhi diceva che, se avesse incontrato più cristiani allegri, forse, si sarebbe convertito al Cristianesimo.
Perdonare davvero è faticoso, tanto più se la persona da perdonare ci è vicina. Quanto è difficile riconciliarsi con una persona cara che ha tradito la nostra fiducia! Il perdono non si insegna né si impara sui libri. Non si impara coi ritiri spirituali, i campi scuola o i convegni. Non si impara nemmeno con le celebrazioni penitenziali. La vita dei miei genitori, di mia sorella, di alcuni sacerdoti, di mio marito mi ha parlato di perdono molto più di tante parole. Si può imparare a perdonare quando si è stati a nostra volta perdonati con gratuità. Saremo maggiormente capaci di perdono se avremo vissuto l’esperienza di essere amati e accolti per quello che siamo, con tutte le nostre povertà.


Preghiera: Salmo 51 (50)


Esercizi:
1. Non si può vivere sotto lo stesso tetto senza imparare a perdonarsi. È vero? Raccontiamoci quando ci siamo sentiti perdonati…
2. Durante la giornata porre in essere alcuni gesti di pazienza, benevolenza, di accoglienza, essere disposti a fare il primo passo.


Il file del 3° giorno


2 commenti:

  1. Le idee più semplici sono a volte le più straordinarie! Questa è idea è straordinariamente semplice e semplicemente straordinaria.
    Sono (siamo) molto felici di poterne usufruire
    Luigi e Piera Alici

    RispondiElimina
  2. La gente che vuole ascoltare Gesù - fosse anche per curiosità o per avere qualcosa da lui - è talmente tanta che non entra nella casa, e la voglia di guarire del paralitico è tale che bisogna scoperchiare il tetto! A tutti Gesù annunzia la parola e si rivela come colui che perdona i peccati - è la fede che salva -. Nel mio torpore spirituale guardo con ammirazione l'urgenza del paralitico e la capacità di Gesù di aprire le nostre "scatole", di scoperchiare il tetto del nostro cuore per farci rialzare, per farci risorgere. E chiedo al Signore lo sguardo limpido del salmista che ha presente a sé i suoi peccati e dunque ha l'ansia che Dio, nella sua infinita misericordia, li perdoni perché possa tornare a provare la gioia di essere salvato. Ma più di tutti chiedo al Signore l'umiltà per abbassare la testa e dire "ti perdono", "ho sbagliato": parole facili in sé ma tanto difficili da ripetere.
    Forse è proprio vero che il mondo si può cambiare con gesti di misericordia: perché non ce lo ricordiamo mai?
    Romina.

    RispondiElimina